Gigi, in attesa che cuocesse la polenta, era andato a cogliere stelle alpine su un versante roccioso. Carolina diede un pezzo di pane e formaggio al piccolo Nino e lo invitò ad andare a chiamare suo fratello perché il pranzo era quasi pronto.
Arrivato sotto le rocce dove solitamente tutti andavano per stelle alpine, sentì delle urla levarsi nell’aria…«Nino! Ninooo!». Antonio, intuito che era successo qualcosa a suo fratello e stava chiedendo aiuto, si mise a correre in direzione delle grida e si fermò più volte ad urlare: «Gigiii, dove sei!».
Ed un eco si levò nell’aria: «Sono qui sotto le rocce…».
Arrivato sul punto, vide il fratello, di qualche anno più grande, a terra sanguinante in più punti. «Sono caduto e non riesco ad alzarmi. Aiutami!». Antonio si fece forza e cercò di sfilargli lo scarpone, della gamba più malmessa, gli strappò un lembo della camicia e l’annodò sotto il ginocchio, coprendogli la ferita più grossa e poi cercò, seppur era più pesante di lui, di trascinarlo giù afferrandolo per le gambe e sfruttando, prima un pendio erboso molto inclinato e dopo facendolo scivolare sui resti di una valanga.
Gigi urlava dal dolore, anche perché non era ferito solo alla gamba, il suo corpo cadendo, aveva rimbalzato più volte sui sassi.
Antonio, con immensa fatica, giunti sul sentiero, se lo caricò sulle spalle e lo portò alla casera.
Finalmente i Casetti si accorsero del problema e prestarono subito i primi soccorsi, ma Gigi era davvero messo male.
«Nino - disse Clementin - devi andare subito giù a Picciola a chiamare i miei figli Sandro e Pio che saranno lì a fare fieno». Antonio partì di corsa e quando arrivò a Picciola venne avvisato dalla moglie di Clementin che i due fratelli purtroppo, non erano più lì, erano andati fuori al Piano di Vagna. Non ci pensò due volte e riprese nuovamente a correre, attraversando Bognanco Fonti, ancora piena di turisti che non fecero caso a questo bambino che correva e dopo aver percorso tutta la strada provinciale, finalmente arrivò prima al muraccio e poi al pian da Vagna dove trovò i due fratelli e raccontò loro quanto era successo su all’alpe.
Immediatamente Sandro e Pio presero la moto, fecero spazio anche per il piccolo Antonio e si avviarono tutti e tre sulla strada della valle, fino alla curva di San Martino e da lì proseguirono a piedi verso ul Curt Gianol dove arrivarono nel tardo pomeriggio.
Verificato le gravi condizioni di Gigi, lo adagiarono saldamente su una robusta caula (solitamente usata per trasportare legna), ammorbidendogli la seduta con delle coperte e, dandosi il cambio più volte, raggiunsero nuovamente il fondo valle dove avevano lasciato la moto e da qui, trovarono il modo di portare Luigi all’ospedale di Domodossola.
Antonio rimase pensieroso su all’alpe a guardare la valle che si imbruniva sempre di più e mangiando senza fretta una scodella di polenta e latte, i suoi pensieri presero a mescolarsi fra tristezza e soddisfazione per aver vissuto, quel giorno, una situazione drammatica e nello stesso tempo anche esaltante, ma ancor di più, per aver contribuito a portare in salvo suo fratello.
La sera passò lenta. Clementin e Carolina, silenziosi come sempre, continuarono le loro faccende nella casera.
Il cane restò fermo a guardare la scena fino a che Antonio, stanchissimo, andò di sopra a coricarsi e prima di chiudere la porta del suo modesto dormitoio, diede un ultimo sguardo giù nella valle. Non vide niente, solo buio e silenzio.
Giancarlo Castellano, collaboratore di ECO RISVEGLIO