«Nella sostanza non si discute – dice il presidente dei cacciatori Gianfranco Croppi - ma nella forma sì, perché è sbagliato tirare una linea orizzontale e dire: “sopra i 1300 metri si può sparare e sotto no”, senza andare a vedere che anche a quote inferiori, ci sono delle vaste zone assolutamente disabitate, vedi Picciola, San Martino, sotto l’alpe Manzano, tanto per fare solo alcuni esempi e dove l’attività venatoria, non comporta alcun rischio per le persone».
Si legge sull’ordinanza che in molti hanno sentito spari e visto i resti di svisceramenti a bordo strada.
«Io presiedo l’associazione cacciatori di Domodossola e di Bognanco – prosegue Croppi - e posso dire che siamo tutti rispettosi delle regole e del territorio ed è ovvio che l’aver vietato l’uso dell’elicottero per il recupero dei grossi ungulati, ha favorito la concentrazione dei cacciatori in aree più ristrette. La norma dice che in vicinanza di centri abitati, si deve stare ad almeno 50 metri dalle abitazioni e si spara tenendo le spalle alle case. Non mi sembra che qualcuno abbia sparato in mezzo alle case, mentre per quanto riguarda l’evisceramento delle prede a bordo strada, non ho riscontri e se qualche cacciatore lo ha fatto, sbagliando, non è giusto che siano tutti a pagare. Per colpa di pochi sconsiderati, passiamo per brutti e cattivi durante il periodo di caccia e diventiamo belli e buoni, solo quando ci attiviamo a pulire i sentieri e contenere i danni provocati dai cinghiali e dagli ungulati in generale, al fine anche di prevenire incidenti stradali».
Il sindaco di Bognanco, Mauro Valentini è fermo sulle decisioni prese e sostiene che ha emesso l’ordinanza per due fondamentali motivi: «Primo, per una questione di pubblica sicurezza, visto che si stava sparando troppo vicino ai centri abitati, secondo, per una questione di igiene, dato che qualche cacciatore ha lasciato le viscere degli animali, a bordo strada o addirittura vicino alle case».
Giancarlo Castellano, collaboratore di ECO RISVEGLIO